L’Occidente e l’Afghanistan

Gabriele Bosi
2 min readAug 23, 2021

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Probabilmente dovremmo avere un’idea più chiara di cosa ci aspettiamo dalla politica estera degli Stati Uniti, della Nato, dell’Occidente in generale (provando magari a specificare cosa intendiamo con questo termine).

Vogliamo una politica interventista, che si ponga l’obiettivo di usare la diplomazia ma anche, quando necessario, un certo grado di forza per affermare il più possibile i diritti umani nel resto del mondo o almeno per difendere quelli acquisiti nel tempo?

Vogliamo una politica più “realista” e isolazionista, che non si ponga questo tipo di problemi morali quanto piuttosto l’interesse concreto e diretto dei nostri paesi?

La tragedia afghana di questi giorni, che sta colpendo tutti noi, fa emergere tra le altre cose anche questa confusione strategica: la difesa dei diritti acquisiti in Afghanistan in questi vent’anni avrebbe implicato necessariamente l’uso della forza militare contro i Talebani (oltre a un “Nation building” civile clamorosamente fallito) e secondo me questa sarebbe stata la scelta più giusta.

Non è un tema semplice e gli slogan non servono.

Il punto è che questa scelta al momento, per rapporti di forza evidenti, spetta soprattutto agli Stati Uniti, i cui elettori premiano da anni i candidati che promettono un progressivo disimpegno dal teatro globale.

Avessimo come Unione europea una politica di Difesa comune e magari un esercito comune, forse avremmo anche una voce in capitolo in questo contesto.

Cosa opportuna, visto che le ripercussioni di queste scelte in un modo o nell’altro arrivano fino a noi.

Nel frattempo l’imperativo di tutti noi, a tragedia compiuta, non può che essere quello di salvare più persone possibile dalla vendetta dei Talebani, senza esitazioni.

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Gabriele Bosi
Gabriele Bosi

Written by Gabriele Bosi

40 anni. Collaboratore del settimanale "Toscana Oggi"

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