La sfida delle diseguaglianze e il futuro della Sinistra nell’ultimo libro di Carlo Trigilia
Articolo uscito sul numero 45 del settimanale “Toscana Oggi” (11 Dicembre 2022)
Il dibattito sulle diseguaglianze che caratterizzano la nostra società e sulle politiche necessarie per contrastarle è certamente uno dei più importanti nel confronto politico contemporaneo.
In questo senso è oggetto anche di molti slogan e di luoghi comuni, spesso più per fare polemica partitica che per avanzare proposte costruttive.
In quale misura la società occidentale è segnata dalla diseguaglianza? E’ possibile introdurre politiche per il suo ridimensionamento? E se sì, quali?
Si tratta di temi affrontati anche da Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti” e su cui anche la politica dovrebbe interrogarsi a partire dalle analisi condotte da tenti studiosi che, negli ultimi decenni, hanno scritto in proposito contributi interessanti.
Una delle ultime pubblicazioni in merito che si distingue per chiarezza, puntualità ed efficacia si intitola per l’appunto “La sfida delle diseguaglianze” (edizioni “il Mulino”, 19€) ed è stato scritto da Carlo Trigilia, professore emerito di Sociologia economica nell’Università di Firenze e Ministro per la coesione territoriale nel 2013–14.
Anche il sottotitolo del libro è importante: “Contro il declino della sinistra”. Quella di Trigilia vuole essere infatti un’analisi utile per comprendere la difficoltà, da parte dei partiti di sinistra, nel rappresentare i ceti sociali di riferimento, che negli ultimi anni hanno preferito orientarsi su offerte politiche populiste (anche di estrema Destra) o nell’astensione.
Secondo Trigilia questo “grande esodo” elettorale è stato determinato da politiche che non hanno saputo governare i processi di cambiamento che da ormai trent’anni attraversano la nostra società.
Se la globalizzazione dell’economia e l’innovazione tecnologica hanno contribuito a far uscire milioni di persone dalla povertà grazie a una riorganizzazione della divisione del lavoro su scala globale, nei paesi occidentali si è assistito a un processo inverso: le diseguaglianze sono aumentate, parallelamente a un impoverimento del ceto medio e al divaricarsi delle condizioni tra i più ricchi e i più poveri.
L’autore spiega, numeri alla mano, come questo processo non sia stato uguale per tutti i paesi occidentali: se i paesi anglosassoni conoscono un alto livello di crescita e, parallelamente, un alto livello di diseguaglianze, i paesi scandinavi hanno saputo costruire un modello di società caratterizzato da una “crescita inclusiva”, accompagnata cioè da un solido sistema di Welfare adeguato alle esigenze delle nuove generazioni e delle donne, prevedendo forti investimenti in innovazione e formazione professionale a vantaggio dei lavoratori e quindi delle imprese, che possono contare su una manodopera qualificata.
Secondo Trigilia non è un caso se si tratta di paesi caratterizzati anche da una “democrazia negoziale”, non maggioritaria, in cui le pratiche di concertazione sono sistematiche e in cui quindi le parti sociali sono responsabilizzate nelle scelte da intraprendere, e in cui il sistema elettorale proporzionale permette di dare rappresentanza a interessi sociali diversi.
I dati elettorali dimostrano come in questi paesi i partiti di sinistra abbiano saputo mantere con più efficacia il consenso presso i ceti più deboli, riuscendo a rappresentare anche parti del nuovo ceto medio.
In Italia abbiamo invece una crescita economica bassa con una spesa sociale molto alta ma inefficiente, perché centrata su pensioni e indennità piuttosto che sulle politiche attive. Condizione che lascia prive di tutele intere parti della società e che non a caso si accompagna a un orientamento elettorale dei ceti popolari verso la Destra o l’astensione.
La riflessione di Trigilia è chiara: se si vuole ridurre le diseguaglianze bisogna cambiare sistema alla radice, concertare nuove politiche di Welfare e scommettere sull’educazione, la formazione professionale e l’innovazione.
Solo chi saprà raccogliere questa sfida potrà riconquistare la fiducia di chi non ha finora trovato nella politica ascolto e rappresentanza.