Il nostro Occidente è un “mondo nuovo” che non riusciamo a vedere

Gabriele Bosi
3 min readJun 3, 2023

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Articolo uscito sul numero 21 del settimanale “Toscana oggi” (4 Giugno 2023).

Esistono molti Occidenti, così come esistono diverse Modernità. Non stiamo parlando di una teoria fantascientifica del Multiverso ma dell’analisi rigorosa condotta sul nostro presente dallo storico Andrea Graziosi nel suo ultimo saggio, “Occidenti e modernità” (Il Multino, 216 pag., 16€).

Usato come categoria astratta, spesso a scopo propagandistico, il concetto di Occidente in realtà è molto ampio: da Aristotele a Voltaire fino alla nostra contemporaneità, questo termine può racchiudere epoche molto diverse. Allo stesso modo esistono diverse forme di modernità: pensiamo a quella introdotta dal pensiero illuminista oppure a quella, pur fallimentare, proposta dall’esperimento sovietico, alternativa al modello occidentale di allora.

L’Occidente e la modernità che viviamo oggi, secondo Graziosi, hanno forme e caratteristiche proprie e sono quelle di un “mondo nuovo” che spesso facciamo fatica a comprendere e interpretare perché usiamo categorie ormai antiquate.

Da qui nascono i problemi: quando la politica, gli studiosi e i commentatori faticano a comprendere il presente emerge la difficoltà nel prendere le decisioni necessarie.

Il libro di Graziosi è quindi non solo una sorta di “storia del presente” ma anche un appello pubblico alla necessità di “vedere” ciò che ci circonda per rispondere alle crisi che stiamo attraversando, strutturali o inaspettate come la pandemia o l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin.

Il nostro “moderno occidentale” è quello nato nel 1945 dall’alleanza tra Europa e Stati Uniti e che ha conosciuto il suo apice nei così detti “trenta gloriosi”, gli anni che vanno dal 1946 al 1975.

Già negli anni settanta si manifestano le prime crisi di quella modernità, dovute paradossalmente al proprio successo: un benessere diffuso che ha portato in avanti la nostra aspettativa di vita, oggi oltre gli ottanta anni, e in basso il nostro indice demografico, sceso sotto il livello naturale di riproduzione.

Calo demografico e invecchiamento della società sono, secondo Graziosi, due emergenze evidenti di cui però la politica parla pochissimo se non in modo strumentale.

Eppure una società invecchiata non riesce a garantire le condizioni per il proprio sviluppo, con una spesa pubblica concentrata sulle pensioni e non sul welfare per i giovani e per le famiglie, con scarse risorse da investire su ricerca e innovazione e con bassi indici di produttività nel mondo del lavoro.

Tutto ciò genera una società con “aspettative decrescenti”, impaurita dal futuro e dal diverso rappresentato dai flussi migratori, sfiduciata da una politica che sembra incapace di mantenere le promesse di crescita continua.

Da qui il successo in Europa e Stati Uniti dei vari populismi, che promettono un ritorno alla potenza del passato, impossibile ma rassicurante (“Make America great again”).

Oggi a cambiare di significato è il concetto stesso di “riforma”: se nel Novecento era sinonimo di aumento delle opportunità e dei diritti, ora è l’equivalente minaccioso di sacrifici e di un peggioramento delle proprie condizioni di vita per larghe fasce della popolazione.

Quando cambia di segno il futuro a entrare in crisi è anche il modello liberaldemocratico, che ha permesso il nostro benessere ma che ora viene visto come incapace di garantire sicurezza, inclusione e uguaglianza di opportunità. Non a caso nei campus americani è ormai di moda condannare la storia e la cultura occidentale e alimentare un ripiegamento narcisistico e individualista.

Le soluzioni alla crisi strutturale del nostro “moderno occidentale” non sono semplici e Andrea Graziosi non pretende di darle, se non auspicando una Politica che, con “realismo etico”, sia in grado di riproporre un discorso razionale e veritiero mettendo al centro le priorità di oggi (demografia, welfare, lavoro, istruzione, immigrazione, fine vita), senza rinunciare a rispondere alle paure degli “spaesati” e rinnovando i valori di una cultura liberaldemocratica di cui abbiamo ancora bisogno.

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Gabriele Bosi
Gabriele Bosi

Written by Gabriele Bosi

40 anni. Collaboratore del settimanale "Toscana Oggi"

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