Come si sta comportando l’Italia nella gestione dei rifiuti
Come sta andando la gestione dei rifiuti in Italia?
Non molto bene, stando ai numeri del rapporto 2020 di FISE Assoambiente “Per una strategia nazionale dei rifiuti” (basato sugli ultimi dati forniti da Ispra).
In breve, nel nostro paese:
- Aumenta la produzione annua di rifiuti;
- Diminuiscono sul territorio gli impianti per il loro trattamento;
- Aumenta (di conseguenza) l’export dei rifiuti fuori dai confini nazionali.
Il quadro che emerge, insomma, è quello di un sistema nazionale chiaramente disfunzionale, incapace di gestire in autonomia il proprio ciclo dei rifiuti e quindi destinato, prima o poi, a essere corretto oppure a diventare del tutto insostenibile.
Nel 2018, il passivo tra rifiuti prodotti e capacità di smaltimento è di 2,2 milioni di tonnellate e ad essere in deficit sono ben 11 Regioni su 21.
L’Italia dovrebbe fare l’esatto contrario di quanto rilevato da Ispra: ridurre la produzione dei rifiuti, promuovere il riciclo dei materiali per la loro immissione sul mercato grazie anche alla “Responsabilità estesa dei produttori”, garantire autosufficienza nello smaltimento di quanto non si può riutilizzare.
Non si tratta soltanto di una questione soltanto etica o ambientale, temi certamente importanti; si tratta, più banalmente, anche di una questione semplicemente economica.
Un sistema di gestione e smaltimento rifiuti non efficiente ha infatti un costo elevato, che ricade in primis sui territori e sui cittadini.
Lo dimostra l’esempio delle nostre Regioni del Sud, dove i tassi di raccolta differenziata sono mediamente più bassi del resto del paese, gli impianti di trattamento sono carenti e i cittadini pagano una TARI più alta.
E’ chiaro, infatti, che esportare tonnellate di rifiuti all’estero costa di più che smaltirle nel proprio territorio utilizzando magari impianti di recupero che realizzano l’economia circolare (specie dopo che la Cina ha chiuso le frontiere per questo tipo di materiale).
Correggere la rotta del paese su questo argomento diventa ancora più urgente se consideriamo le direttive che l’Unione europea ha dato agli Stati membri in materia di gestione dei rifiuti: attraverso un sistema di tappe intermedie, si chiede anche all’Italia di raggiungere entro il 2035 il 65% di riciclo, il 10% di conferimento in discarica e il 25% di ricorso alla termovalorizzazione.
Attualmente nel nostro paese si ricicla il 45% dei rifiuti, in discarica va il 22% e il 18% è inviato al recupero energetico.
Quello europeo è certamente un obiettivo possibile da raggiungere, ma queste cifre ci dicono che evidentemente c’è ancora molto lavoro da fare.
Da dove partire?
Come suggerito da FISE Assoambiente, una strategia nazionale dovrebbe concentrarsi su almeno tre cardini principali:
- Stanziare investimenti adeguati per realizzare gli impianti che servono per chiudere il ciclo dei rifiuti sul territorio nazionale, secondo le direttive europee e i principi dell’economia circolare.
- Agire sulla normativa per semplificare le procedure e incentivare il riuso; penso al principio dell’End of waste, che permette di immettere sul mercato prodotti come “materia prima seconda”. Su troppi prodotti mancano ancora i decreti attuativi da parte del Governo (penso al tessile del nostro Distretto pratese).
- Realizzare un sistema di incentivi, anche di natura fiscale, per orientare il comportamento di cittadini e Amministrazioni comunali.
Ad esempio, abbassando l’Iva per i prodotti contenenti materiale riciclato; oppure rimodulando l’Ecotassa per disincentivare il ricorso alle discariche e usarne il ricavato per investimenti sull’economia circolare (attualmente solo l’1% del gettito complessivo delle imposte ambientali viene utilizzato a questo scopo).
Agire in questa direzione è complesso, ambizioso, ma possibile.
Servono impegno, molto lavoro e soprattutto una chiara visione strategica di lungo periodo, capace superare localismi e conservatorismi.
Per costruire un programma nazionale di investimenti serve una visione complessiva ma, è scontato ribadirlo, anche risorse economiche.
Qui viene in soccorso l’Europa: tra le principali voci di spesa per i 209 miliardi di euro destinati all’Italia grazie al “Next generation Eu” c’è proprio quella dedicata alle politiche legate alla sostenibilità ambientale (insieme a innovazione tecnologica e sostenibilità sociale).
Orientare parte di quelle risorse per realizzare finalmente in Italia una gestione dei rifiuti efficiente e sostenibile deve diventare una priorità, su cui la politica a livello locale, regionale e nazionale deve assumersi fino in fondo tutte le proprie responsabilità.